Come buttare gli abiti usati: guida alla scelta responsabile

donna che decide come buttare gli abiti usati

Il tema degli abiti e del loro fine vita è quanto mai attuale in una società abituata al consumo di massa e sempre più orientata all’accumulo di beni.

Qualità e quantità sono gli elementi chiave del dibattito sull’uso e consumo dei prodotti tessili, dove ormai la quantità sembra vincere a mani basse.

Sempre più aziende immettono nel mercato abiti a prezzi irrisori, spesso di bassa qualità, che invogliano il consumatore ad acquistarne grandi quantità salvo poi doversene disfare dopo non più di una/due stagioni.

Ma come buttare gli abiti usati correttamente e come gestirli responsabilmente?

Contenuti di questo articolo:

Come buttare gli abiti usati o i tessuti inservibili

Questa categoria risponde alla domanda relativa al come buttare gli abiti usati e i tessuti che non sono più utilizzabili perché compromessi da qualsivoglia tipo di sostanza: maleodoranti, sporchi, unti di grasso, tessuti rovinati da sostanze chimiche e così via.

Questi tessuti andranno buttanti nel bidone della raccolta indifferenziata.

Al momento infatti non esiste un canale della raccolta differenziata dedicato a questa tipologia di rifiuto pertanto gli abiti conferiti nell’indifferenziata verranno smaltiti tramite l’inceneritore.

Come buttare gli abiti usati o i tessuti che possono essere riutilizzati

cassonetto giallo raccolta abiti usati

Nel caso invece ci si chiedesse come buttare gli abiti usati o i tessuti che non presentino le suddette condizioni, la risposta è che questi possono essere destinati ad una seconda vita.

Questa categoria di tessuti andrà preferibilmente conferita presso i cassonetti gialli che si possono trovare in alcune zone dei nostri comuni.

All’interno di questi cassonetti si possono conferire tessuti di vario genere come borse, scarpe, biancheria intima, stoffe in genere, tende, lenzuola, tovaglie, coperte e tappeti inclusi.

Gli abiti e i tessuti al loro interno vengono infatti conferiti agli impianti che si occupano di riciclaggio e riuso dei rifiuti tessili i quali convertono i vecchi tessuti in nuove materie prime da reimmettere nel mercato.

Nel caso invece si vogliano donare i propri abiti dismessi, il cittadino dovrà affidarsi alle cooperative o alle associazioni presenti sul territorio che si occupano di distribuire gli abiti usati ai poveri e a coloro che ne hanno bisogno.

Il fenomeno del fast-fashion

cartello su abiti che dice say no to fast fashion

Come riportato nel sito del WWF:

Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, in questi ultimi decenni in Europa si è verificato un cambiamento radicale delle abitudini di noi consumatori. Tra il 1996 e il 2015 la quantità pro-capite di abiti acquistati dai cittadini è aumentata del 40%. Si è arrivati a quasi 13 kg di vestiti a testa nel 2015, per un totale di 6,4 milioni di tonnellate.

Questa percentuale è cresciuta ancora ed è destinata a crescere (2% annuo) soprattutto a causa delle industrie del fast-fashion che immettono nel mercato enormi quantità di abiti e accessori destinati ad una vita breve.

Ci siamo abituati a comprare grandi quantità di vestiti per cambiare costantemente i nostri look e adeguarci alle mode del momento ma questo apparente lusso ha un costo salato in termini ambientali.

Il fenomeno del fast-fashion è reso possibile dalla capacità di immettere sempre più rapidamente nuovi prodotti nel mercato, dalle possibilità per le aziende di delocalizzare la loro produzione in paesi dove il costo del lavoro è molto inferiore e i diritti dei lavoratori meno tutelati e dal commercio online che consente di raggiungere consumatori in ogni parte del mondo.

L’impatto ambientale dell’industria tessile è ragguardevole. Una ricerca del Nature Reviews parla di 4.000-5.000 milioni di tonnellate di CO2 rilasciate annualmente nell’atmosfera, di come contribuisca per il 20% alla contaminazione industriale dell’acqua in tutto il mondo e produca più di 92.000 tonnellate annue di rifiuti tessili (tra cui rientrano anche i capi di abbigliamento invenduti).

La maggior parte delle aziende inoltre non ha ancora adottato nessuna misura a tutela dell’ambiente sebbene le loro pubblicità utilizzino i temi della sostenibilità e dell’attenzione verso il loro impatto ambientale per attirare una fetta di consumatori più consapevole. Il fenomeno in questione è quello del greenwashing definito dall’Enciclopedia Treccani come:

Strategia di comunicazione o di marketing perseguita da aziende, istituzioni, enti che presentano come ecosostenibili le proprie attività, cercando di occultarne l’impatto ambientale negativo.

Vintage e second-hand

abiti appesi

Per rispondere al problema della sovrapproduzione di abiti, che poi non vengono utilizzati e rappresentano inutili sprechi di risorse, sempre più persone stanno acquistando vintage o second-hand. La differenza tra i due è che il primo riguarda abiti iconici prodotti 15-20 anni fa, per second-hand invece s’intende qualsiasi abito che sia già stato utilizzato.

Acquistando i prodotti che qualcun altro non usa si può tamponare il danno di aver prodotto più del necessario, e in secondo luogo si privano le catene di abbigliamento di un potenziale acquisto mandando quindi un messaggio ben preciso.

Rimane sempre di prima importanza la necessità non solo di acquistare prediligendo materiali che hanno un minor impatto sull’ambiente e possibilmente da aziende che dimostrano (con i fatti) di interessarsi alla causa ma anche di acquisire consapevolezza sulla necessità di acquistare solo ciò che davvero occorre evitando di accumulare abiti nell’armadio che non verranno mai usati.

Alcune domande da porsi prima di acquistare un nuovo capo

Quando facciamo shopping potrebbe essere utile iniziare a porci una serie di domande che ci guidino nel proposito di acquistare davvero solo ciò di cui abbiamo bisogno:

  1. Mi serve davvero?
  2. Quante volte credo userò questo capo?
  3. Se mi serve solo per una determinata occasione, perché non affittarlo?
  4. Se proprio mi serve perché non provare a cercarlo tra i capi vintage o di seconda mano?
  5. Ho qualcosa di simile?
  6. L’azienda che l’ha prodotto è sensibile al proprio impatto ambientale?

In conclusione…

Il fenomeno del fast-fashion contribuisce all’inquinamento dell’ambiente e allo spreco delle risorse limitate del nostro pianeta.

Occorre educare quante più persone possibili all’acquisto consapevole e all’abbandono di comportamenti riconducibili alla dannosissima cultura dell’usa e getta.

Riabituiamoci alla condivisione, al riutilizzo e al riciclo; diamo ai nostri abiti un diverso scopo come quello di accompagnarci in molteplici fasi delle nostre vite e contribuiamo ad educare le aziende che rese cieche dalle logiche del profitto non vedono (o fingono di non vedere) i danni che stanno causando all’ambiente.