Siamo seduti a tavola, la tv è accesa in sottofondo, il telegiornale elenca gli avvenimenti più salienti della giornata quando udiamo la tragica espressione: disastro ambientale.
Aumentiamo il volume, tutta la nostra attenzione si rivolge al giornalista impegnato a commentare una serie di immagini agghiaccianti riguardanti fiumi, mari, corsi d’acqua, laghi, uccelli e pesci imbrattati di una sostanza scura, densa e appiccicosa.
Un altro disastro si aggiunge alla lunga lista dei peggiori disastri petroliferi degli ultimi dieci anni.
Contenuti di questo articolo:
Disastro ambientale
Quando si può parlare di disastro ambientale?
La definizione di disastro ambientale data dalla Treccani:
Evento di vasta portata con effetti negativi sull’ambiente in termini di danno grave negli equilibri naturali e nel funzionamento dei sistemi socio-economici e politico-istituzionali delle comunità interessate. (…) si distinguono quelle di origine naturale e quelle di origine antropica (altrimenti dette cause tecnologiche). Le prime si riferiscono a eventi di natura idro-meteorologica (inondazioni, tempeste, cicloni, ondate di freddo o caldo intenso, ecc.), geofisica (terremoti, eruzioni vulcaniche, tsunami, smottamenti, frane) e biologica (epidemie, contaminazioni); le seconde fanno riferimento a un ampio ventaglio di eventi derivanti da errore o disattenzione umana, ma anche sottovalutazione di rischi, nella gestione di attività più o meno pericolose soprattutto in ambito industriale ed energetico.
Nel caso di una perdita di petrolio si può parlare di disastro ambientale quando essa supera le 100 tonnellate, così come nel caso dei peggiori disastri petroliferi degli ultimi dieci anni che elencheremo di seguito.
Le conseguenze
Cosa succede quando il petrolio viene riversato in mare o nei corsi d’acqua?
Avendo un peso specifico minore dell’acqua, esso forma una pellicola impermeabile all’ossigeno sulla superficie causando di conseguenza fenomeni di anaerobiosi, fisici e tossici alla macrofauna e microfauna sottostante.
Una volta precipitato nel fondale i medesimi danni vanno ad interessare la popolazione acquatica e vegetale che vi risiede.
Le conseguenze non riguardano solo gli organismi acquatici ma anche quelli volatili come gli uccelli il cui piumaggio viene imbrattato dal petrolio riducendone la capacità di isolante termico e rendendo le piume inadatte al nuoto e al volo. Nel tentativo di ripulirlo col becco, gli uccelli ingeriscono il petrolio con effetti nocivi per i reni, il fegato e l’apparato digerente.
La bonifica dell’ambiente danneggiato richiede mesi o, nei casi peggiori, anni.
I peggiori disastri petroliferi degli ultimi dieci anni
Nell’elencare i peggiori disastri petroliferi degli ultimi dieci anni non possiamo non partire dal disastro petrolifero di più ampia portata: il disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon del 20 Aprile 2010, in Louisiana. L’esplosione sulla piattaforma petrolifera BP Deepwater Horizon ha rilasciato circa 500 milioni di litri di petrolio nel golfo del Messico conquistandosi il tragico primato del più grande sversamento di petrolio mai avvenuto nelle acque statunitensi e nella storia del mondo. Le vittime coinvolte furono undici operai impiegati nella piattaforma e un quantitativo inestimabile di mammiferi marini, tartarughe di mare, uccelli e pesci. Un decennio dopo molte specie marine sono ancora in difficoltà e le loro popolazioni sono diminuite. La BP dovrà risarcire circa 18,7 miliardi di dollari nell’arco di 18 anni.
5 ottobre 2011: Disastro petrolifero di Tauranga . La portacontainer Rena in Nuova Zelanda, al largo della costa di Taurangaha ha riversato in mare, oltre a 340 tonnellate di greggio, anche diversi container contenenti sostanze inquinanti, 1700 tonnellate di olio combustibile pesante e 200 tonnellate di gasolio marino. Un disastro di proporzioni enormi.
21 maggio 2015: Disastro petrolifero di Santa Barbara. A causa della rottura delle condutture di un oleodotto, circa 80mila litri di petrolio ( o molti di più nelle stime ufficiali) si sono riversati nell’Oceano Pacifico. Una macchia di greggio lunga oltre sei chilometri e larga una cinquantina di metri. Il disastro ha richiamato subito alla memoria quello del 1969 durante il quale circa 100mila galloni di greggio si riversarono in mare. L’episodio fu per molto tempo ricordato come la più grande marea nera della storia americana.
Luglio 2020: la nave cargo Mv Wakashio che trasportava 4000 tonnellate di carburante si è incagliata al largo di Pointe d’Esny, a sud-est dell’isola di Mauritius, rilasciando migliaia di tonnellate di carburante e danneggiando la barriera corallina. Le conseguenze di questo disastro ambientale saranno da valutare nel tempo.
4 ottobre 2021: California, Huntington Beach, le spiagge della ridente cittadina, paradiso per surfisti e turisti, rimarranno chiuse a lungo a causa di una fuoriuscita di 3mila barili di petrolio di un oleodotto, che ha portato alla morte di migliaia di specie di pesci e di uccelli impattando profondamente su un’area di almeno 33 chilometri quadrati. La sindaca Kim Carr ha parlato della situazione come di una delle situazioni più devastanti degli ultimi decenni.
Buone notizie sul fronte energie verdi
Ebbene sì, possiamo parlare di notizie incoraggianti sul fronte delle energie rinnovabili.
La transizione energetica è in atto: il carbone è destinato alla scomparsa per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi sul clima. La domanda di petrolio, nei prossimi anni è destinata a crescere, ma solo sulla spinta dei paesi emergenti, di cui soltanto l’India coprirà metà delle nuova richiesta. Ciò significa che una parte del mondo si sta muovendo verso la consapevolezza della necessità, per la salute del pianeta, di abbandonare gli idrocarburi e i combustibili fossili.
Il Rapporto annuale dell‘Agenzia Internazionale per l’Energia ha sottolineato il ruolo da protagonista che avranno, nei prossimi decenni, le energie rinnovabili: ad esse andranno i due terzi di tutti i nuovi investimenti nel settore energia al 2040. Entro questa data, le energie verdi arriveranno a coprire il 40% della domanda energetica globale, soprattutto grazie allo sviluppo dei fotovoltaico in Cina e India.
Così come riportato da Repubblica :
Le rinnovabili – spiega l’Agenzia – copriranno l’80% della capacità aggiuntiva e l’eolico diventerà la principale fonte di produzione subito dopo il 2030. La politica continuerà a sostenerne lo sviluppo, più che con incentivi in tariffa con il sistema dell’asta competitiva. Il solare, invece, sarà “amplificato dagli investimenti nel solare da parte di proprietari di abitazioni, amministrazioni locali e comunità finanziaria”.
In conclusione…
La strada che ci condurrà verso un futuro sostenibile e nel quale i disastri ambientali saranno solo un lontano ricordo, è ancora lunga, ma possiamo dire di averla imboccata, seppur con troppa cautela ed evidente ritardo rispetto all’urgenza che invece dovrebbe spingere i governi a fare molto di più di così.
Il nostro Pianeta non può più aspettare, l’ambiente è compromesso e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
Tutti noi siamo chiamati a cambiare, a modificare le nostre abitudini e le nostre credenze, ad informarci e a non arrenderci nella costruzione di un futuro possibile, nel quale l’uomo non sia più il principiale pericolo per la salute della propria casa.
Molto utili queste informazioni
Fotovoltaico ed eolico usati per produrre TeraEnergia e Idrogeno a tonnellate è l’unica soluzione contro la devastazione climatica causata dai carburanti fossili. ma il fotovoltaico deve essere montato sospeso da terra sopra le tre Dorsali di traffico: Autostradale, Ferroviaria e Super-stradale e l’eolico con mini-turbine verticali montate sui lati alti delle Dorsali secondo il metodo brevettato ITACA.
E’ imperativo non rubare suolo agricolo e non devastare il paesaggio.